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.Il tenente Davila si accovacciò nella neve vicino a Vivar.Nessuno dei due aveva più l'aspetto di un soldato: erano avvolti in mantelli fatti di tela di sacco e avevano il viso, gli stivali e le mani avvolti nei cenci.Eppure sotto i mantelli improvvisati indossavano la divisa scarlatta di una compagnia scelta dei Cazadores, e, quanto a tenacia ed efficienza, potevano reggere il confronto con qualunque altro combattente nelle guerre francesi.Davila prese in prestito il cannocchiale di Vivar per osservare la valle.La neve sospinta dal vento offuscava la vista, ma la chiazza della giacca scarlatta guarnita di pelliccia appoggiata sulla spalla destra del cacciatore spiccava sul paesaggio candido.«Come mai non porta il mantello?» borbottò.«Vuole dimostrarci che è in grado di sopportare ogni disagio», rispose brusco Vivar.Spostando il cannocchiale, Davila scorse altri Dragoni che stavano raggiungendo il villaggio.Alcuni francesi tenevano per le briglie i cavalli zoppicanti, e tutti erano armati di spada e carabina.«Credevo che fossimo riusciti a seminarli», osservò in tono mesto.«Ci riusciremo solo quando avremo seppellito l'ultimo di loro.» Vivar scivolò verso il basso, per non essere visibile lungo il crinale.Il suo viso, indurito dal sole e dal vento, aveva un'espressione dura, riscattata però dallo scintillio degli occhi scuri, pieni di umorismo e comprensione.In quel momento, mentre osservava i suoi uomini che tremavano di freddo nella piccola gola, quegli occhi erano cerchiati di rosso.«Quanto cibo ci resta?»«Razioni sufficienti per due giorni.»«Se fossi uno scettico direi che Dio ha abbandonato la Spagna», disse Vivar in tono appena percettibile al di sopra del sibilo del vento.Il tenente Davila non replicò.Una raffica di vento sollevò un'ondata di neve dal crinale della montagna, avventandosi su di loro in un turbine scintillante.I francesi laggiù nella valle, pensò amareggiato, avrebbero razziato cibo, legna da ardere e donne.I bambini avrebbero pianto, e gli uomini sarebbero stati torturati per indurli a rivelare se avevano visto una banda di Cazadores male in arnese trasportare una cassa.Loro avrebbero negato, per non tradirli, ma i francesi li avrebbero uccisi lo stesso, e l'uomo con la redingote nera e gli stivali bianchi sarebbe rimasto a guardare senza neppure un fremito di emozione sul viso.Davila chiuse gli occhi.Prima che cominciasse quella guerra, non sapeva neppure che cosa fosse l'odio; adesso, invece, non sapeva neanche se sarebbe mai riuscito a sradicarlo dalla sua anima.«Ci separeremo», annunciò d'un tratto Vivar.«Don Blas?» Davila, assorto nei suoi pensieri, non lo aveva ascoltato.«Io prenderò la cassaforte e ottanta uomini», disse Vivar lentamente, «e voi aspetterete qui con gli altri.Quando ci saremo allontanati, e i francesi saranno ripartiti, andrete a sud.Non muovetevi finché non sarete sicuri che la valle sia deserta.Quel cacciatore è astuto, e forse ha già intuito i miei pensieri.Quindi aspettate, Diego! Aspettate finché non sarete sicuro, e poi ancora un giorno.Mi capite?»«Capisco.»Vivar, nonostante la spossatezza e il gelo che gli penetrava nelle ossa, riuscì a trovare l'entusiasmo necessario per infondere speranza nelle sue parole.«Andate a Orense, Diego, e vedete se ci sono ancora alcuni dei nostri.Riferite che ho bisogno di loro! Dite che mi servono uomini e cavalli.Portate questi uomini e questi cavalli a Santiago e, se non sarò lì, procedete verso oriente finché non mi troverete.»Davila annuì.C'era una domanda ovvia da rivolgere, però lui non sapeva decidersi a formularla.Vivar comprese lo stesso.«Se i francesi si fossero impadroniti della cassaforte», aggiunse con voce atona, «lo saprete.Strombazzeranno la loro vittoria per la Spagna intera, Diego, e voi lo saprete perché la guerra sarà perduta.»Davila rabbrividì sotto il mantello di stracci.«Procedendo in direzione ovest, Don Blas, potreste incontrare gli inglesi?»Vivar sputò per indicare quale opinione avesse dell'esercito inglese.«Vi aiuterebbero?» insistette Davila.«E voi vi fidereste degli inglesi, sapendo che cosa c'è nella cassaforte?»Davila meditò prima di rispondere, poi si strinse nelle spalle.«No.»Vivar si arrampicò ancora una volta sulla sommità del pendio, per guardare dall'alto il villaggio.«Forse saranno quei demoni a incontrare gli inglesi.Allora una banda di barbari potrà eliminare l'altra.» Rabbrividì.«Se avessi uomini sufficienti, Diego, riempirei l'inferno con le anime di quei francesi, però non li ho.Quindi andate a prenderli per me!»«Ci proverò, Don Blas.» Era il massimo che Davila osava promettere, perché nessuno spagnolo poteva nutrire grandi speranze in quei primi giorni del 1809.Il re di Spagna era prigioniero in Francia e sul trono di Madrid era stato insediato il fratello dell'imperatore francese.Le truppe spagnole, che l'anno precedente avevano mostrato tanto coraggio e baldanza, erano state sbaragliate da Napoleone e l'esercito inglese, inviato in loro aiuto, veniva respinto verso il mare, in una rotta disonorevole.Alla Spagna non restavano che qualche brandello di esercito, lo spirito indomito del suo popolo e la cassaforte [ Pobierz całość w formacie PDF ]

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